La ricchezza in Italia: un Paese sempre più diviso (di Domenico Rotondi)

 


In Italia la concentrazione della ricchezza continua a rappresentare una delle fragilità strutturali più evidenti del sistema economico nazionale. Negli ultimi decenni, come mostrano le principali analisi socio-economiche, una quota crescente del patrimonio complessivo è rimasta saldamente nelle mani di una minoranza ristretta, mentre vasti segmenti della popolazione dispongono di risorse limitate o addirittura insufficienti per far fronte al costo della vita.

Il divario tra i più abbienti e il ceto medio si è progressivamente ampliato, complice la stagnazione salariale, la diffusione del lavoro precario, l’aumento dei prezzi e la scarsa progressività del sistema fiscale. A questa dinamica si aggiunge un ulteriore elemento, spesso sottolineato da diversi studiosi: l’adesione ai principi monetari propri di una moneta forte e stabile come l’euro, se da un lato garantisce allo Stato italiano credibilità sui mercati internazionali e contribuisce alla sostenibilità del debito pubblico, dall’altro tende a favorire la concentrazione e il congelamento delle risorse nella sfera finanziaria, riducendo la quantità di moneta che circola nell’economia reale, con inevitabili conseguenze sugli investimenti e sullo sviluppo del mercato interno

Queste dinamiche non incidono soltanto sulla giustizia sociale, ma condizionano anche la capacità del Paese di generare crescita economica nel lungo periodo: la riduzione dei consumi, la debolezza del potere d’acquisto e la scarsa mobilità sociale costituiscono fattori che ostacolano l’espansione di un sistema già esposto a forti squilibri territoriali e demografici. Una ricchezza eccessivamente concentrata indebolisce la possibilità, soprattutto per le giovani generazioni, di costruire un futuro stabile e priva il Paese di quella coesione economica e culturale necessaria per affrontare le sfide globali.

In questo scenario, la discussione sulla distribuzione della ricchezza e sulle politiche monetarie, fiscali e industriali necessarie a riequilibrarla torna centrale nel dibattito pubblico: non come semplice slogan ideologico, ma come questione concreta che riguarda la sostenibilità stessa del modello italiano. Riequilibrare il sistema richiederà politiche lungimiranti, capaci di restituire opportunità reali a quella parte maggioritaria del Paese che, da troppo tempo, vive distante dai benefici della crescita.


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