Italia Nostra e il dovere della memoria: il Sannio Pentro restituito alla conoscenza

 

Ci sono territori che parlano sottovoce e altri che, semplicemente, non vengono più ascoltati. Il Sannio Pentro appartiene a questa seconda categoria: una terra densa di storia, stratificata di segni, che per troppo tempo è rimasta ai margini del discorso pubblico, come se il suo patrimonio archeologico fosse un dato residuale, accessorio, quasi ingombrante rispetto alle urgenze del presente. Eppure è proprio da quei luoghi apparentemente silenziosi che passa una parte decisiva della nostra responsabilità civile.

L’iniziativa promossa da Italia Nostra – Sezione di Campobasso, inserita nel più ampio progetto nazionale sostenuto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e oggi restituita in una pubblicazione organica, rappresenta molto più di un’operazione di studio o di valorizzazione. È, piuttosto, un atto di presa di coscienza: la scelta di riportare al centro del dibattito pubblico quei siti archeologici “minori” che minori non sono, se letti nella loro reale dimensione storica, culturale e identitaria.

Le aree di Frosolone, in località Civitelle–Castellone, e di Roccaspromonte costituiscono due tasselli fondamentali di un medesimo sistema insediativo e simbolico. La vasta cinta muraria delle Civitelle, estesa per oltre tre chilometri e racchiudente un’area di circa 150.000 metri quadrati, restituisce con chiarezza l’organizzazione difensiva e territoriale delle comunità sannite. Non si tratta di ruderi muti, ma di strutture capaci di raccontare una civiltà che aveva piena consapevolezza dello spazio, della difesa e del rapporto con il paesaggio.

Già nel 2014 la Sezione di Campobasso aveva compreso la portata di quel patrimonio, promuovendo, in collaborazione con l’Università degli Studi del Molise e con il supporto della Banca Popolare delle Province Molisane, una prima indagine geofisica. I risultati, presentati in sede scientifica e pubblicati sulla rivista Samnitium, avevano confermato quanto fosse necessario andare oltre l’intuizione, verso un’indagine sistematica e tecnologicamente avanzata. La ripresa di quel lavoro, oggi, non rappresenta una ripetizione, ma un atto di coerenza e di responsabilità.

Accanto a Frosolone, Roccaspromonte aggiunge al progetto una dimensione simbolica ancora più evidente. Il rinvenimento, nel 1770, della statua di Athena — oggi conservata a Vienna — racconta una storia di spoliazione, di distanza e di frattura tra il reperto e il suo luogo d’origine. Ricostruire quel legame, anche attraverso strumenti come la riproduzione tridimensionale dell’opera e la sua restituzione simbolica al territorio, significa interrogarsi sul senso stesso della tutela: non mera conservazione, ma ricomposizione di una relazione spezzata.

Il cuore del progetto sta proprio qui: nella consapevolezza che il Molise, pur custodendo un patrimonio sannita diffuso e prezioso, continua a lasciare nell’ombra gran parte dei suoi siti archeologici. Un’oblio che non è neutro, ma produce perdita di memoria, impoverimento culturale e rinuncia al futuro. Le indagini condotte con rilievi Lidar da drone e con metodologie geoelettriche dimostrano come la tecnologia, se guidata da una visione culturale, possa diventare alleata della conoscenza e non semplice esercizio tecnico.

Non meno rilevante è la dimensione pubblica del lavoro svolto. Le escursioni, le visite guidate, gli incontri con i cittadini hanno trasformato luoghi marginalizzati in spazi di partecipazione. Il sopralluogo del 29 settembre 2024, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, ha mostrato con chiarezza quanto l’abbandono non sia un destino irreversibile. L’incuria dei sentieri e delle aree circostanti, emersa con evidenza, ha trovato risposta in interventi concreti, segno che la tutela non è solo materia di convegni, ma azione quotidiana.

La disponibilità manifestata dalle amministrazioni locali a collaborare al progetto conferma che, quando la proposta è seria, documentata e culturalmente fondata, il territorio risponde. Ed è forse questa la lezione più importante che viene dal lavoro sui siti del Sannio Pentro: la tutela del patrimonio non è un gesto nostalgico rivolto al passato, ma una scelta politica e civile che riguarda il presente e orienta il futuro.

Restituire voce a questi luoghi significa restituire dignità a una storia che non chiede celebrazioni retoriche, ma conoscenza, cura e responsabilità. In un tempo che consuma rapidamente tutto ciò che non produce consenso immediato, l’archeologia — se assunta fino in fondo — diventa uno strumento critico potente: capace di ricordarci chi siamo stati, per aiutarci a decidere chi vogliamo essere.


#domenicorotondi 


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