Le Vie Cave etrusche: un viaggio nella memoria, tra mistero, pietra e silenzio (di Domenico Rotondi)
Venerdì 28 novembre, alle ore 19, presso la Libreria Rotondi (Via Merulana 82, Roma), si terrà un incontro dal titolo «Le Vie Cave etrusche: mistero, simbologia, leggenda», a cura di Carlo Rosati e Cesare Moroni. L’appuntamento invita a un’esplorazione profonda — non solo fisica, ma anche spirituale e culturale — di quelle antiche “strade nella roccia” che, secoli fa, collegarono villaggi, necropoli e luoghi di culto avvolti dal mistero.
Un patrimonio scavato nella roccia
Le Vie Cave — note anche come “Cavoni” o “tagliate” — sono percorsi scavati a cielo aperto nel tufo, che attraversano l’area dell’antica Etruria meridionale, in particolare i territori di Sovana, Sorano e Pitigliano.
Si tratta di corridoi profondi — in alcuni tratti le pareti raggiungono i 20-25 metri di altezza — con una larghezza di 2-4 metri e uno sviluppo lineare che può arrivare a circa un chilometro. La grandiosità di queste incisioni nella roccia, realizzate a mano probabilmente già a partire dal VII-VI secolo a.C., testimonia la straordinaria capacità ingegneristica delle popolazioni etrusche e continua ancora oggi a suscitare meraviglia.
Percorrerle significa immergersi in un paesaggio che sembra sospeso, fatto di pietra, ombra, curve improvvise e silenzi antichissimi: un’esperienza che unisce natura, archeologia e storia, avvolta da quel fascino ancestrale che caratterizza da sempre il mondo etrusco.
Funzioni antiche tra ipotesi e simboli
La funzione originaria delle Vie Cave rimane oggetto di dibattito, e le ipotesi avanzate dagli studiosi sono molteplici. Secondo una lettura tradizionale, esse sarebbero state vie di comunicazione che collegavano altopiani, centri abitati e necropoli. Altri studiosi suggeriscono che potessero svolgere un ruolo difensivo, sfruttando l’improvvisa verticalità delle pareti tufacee per proteggere gli spostamenti da eventuali minacce.
Una terza ipotesi — forse la più suggestiva — attribuisce a queste strade un significato sacro o rituale. La vicinanza a tombe e necropoli, insieme alla presenza di incisioni, simboli e nicchie votive lungo le pareti, induce a pensare a percorsi di passaggio verso l’aldilà, a vie cerimoniali o a canali ideati per il deflusso delle acque, secondo una visione simbolica della relazione tra elementi naturali e sfera spirituale.
Un caso emblematico è rappresentato dal Cavone di Sovana: qui sono state rinvenute iscrizioni etrusche, accompagnate da una svastica interpretata come simbolo del moto solare e della ciclicità del tempo. Nel 1912, inoltre, nel fondovalle fu ritrovata una stipe votiva contenente bronzi e ceramiche — oggi conservati nel museo locale — che sembra confermare la presenza di un’antica funzione rituale.
Queste evidenze inducono a una visione complessa: le Vie Cave non furono soltanto “strade di collegamento”, ma — secondo alcune interpretazioni — veri e propri ponti di pietra e tufo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, tra dimensioni materiali e spirituali. Luoghi in cui la quotidianità si intrecciava con l’eterno.
Tra natura, silenzio e memoria
Percorrere oggi le Vie Cave significa riscoprire un ritmo arcaico. Le pareti, nel corso dei secoli, hanno accolto una vegetazione tipica degli ambienti umidi — felci, muschi, licheni — che contribuisce a rendere l’atmosfera ancora più evocativa.
L’ombra permanente delle pareti tufacee, il silenzio rotto soltanto dal rumore dei passi o dal profumo della terra umida, il cielo che, all’improvviso, sembra restringersi in una fessura luminosa, trasportano il visitatore fuori dal tempo moderno in un’esperienza quasi meditativa.
Non sorprende, dunque, che negli ultimi decenni queste vie siano state riscoperte anche in chiave culturale e turistica: si percorrono a piedi, a cavallo o, per i più esperti, in bicicletta, sebbene alcuni tratti richiedano attenzione per la loro natura scoscesa o scivolosa.
Visitarle significa riconnettersi con un passato remoto e, al tempo stesso, con una dimensione profonda del paesaggio italiano, fatta di silenzio, radici e identità.
Verso Roma: un incontro per riflettere, comprendere, immaginare
L’incontro promosso da Carlo Rosati e Cesare Moroni presso la Libreria Rotondi non vuole proporsi soltanto come una conferenza archeologica. L’evocativa immagine della locandina — una via cava stretta tra le pareti di tufo, illuminata da un verde filtrato — suggerisce un viaggio che è anche interiore: un cammino ideale tra storia, mito e simboli.
Parlare delle Vie Cave significa confrontarsi con domande antiche: chi tracciò questi percorsi? Con quali strumenti, con quale ingegno, con quali intenzioni? Erano vie di collegamento o di separazione, strumenti pratici o tracciati sacri? Le risposte restano in parte elusive, ma proprio questa incertezza alimenta il fascino indelebile di questi luoghi, in cui la bellezza del dubbio diventa parte integrante dell’eredità culturale.
Per chi coltiva un sincero amore per la memoria storica, per le radici identitarie e per il paesaggio, l’appuntamento del 28 novembre rappresenta un’occasione preziosa: un momento di riflessione collettiva su ciò che eravamo, su ciò che siamo e sulle vie — materiali e simboliche — che desideriamo percorrere nel futuro.
#domenicorotondi



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