LO SVILUPPO DEL SETTORE AGROALIMENTARE NELLE AREE APPENNINICHE (di Angelo Sanzò)

 


Lo scorso 11 Agosto si è svolto a Bojano l’interessante incontro sul tema: LO SVILUPPO DEL SETTORE AGROALIMENTARE NELLE AREE APPENNINICHE

Oltre allo scrivente, hanno relazionato: Claudio Papa Presidente Coldiretti Molise, Carmine Fusco CIA Molise, Chiara Iosue Presidente Legacoop Molise, Raffaella Tavone Coldiretti Bojano. 

L’intervento del sottoscritto è consistito nel descrivere, sia l’evoluzione che, nelle aree appenniniche, tale settore economico, ha subito a partire dal secondo dopoguerra, sia le opportunità che, con l’uso delle energie rinnovabile a km 0, per le stesse, si profilano, a causa della loro disponibilità, sempre più diffusa e a basso costo.       

Nell’osservare i luoghi del nostro Appennino, in cui i nostri antenati si sono insediati, nel corso della storia, risulta chiaro ed evidente che, i suoi centri abitati, i castelli e spesso anche non pochi conventi, sono situati, oltre una certa quota altimetrica, sulle cime o sui versanti collinari e montani.   

I motivi di tale collocazione sono diversi. Innanzitutto, è evidente la ragione difensiva e della sicurezza nel controllare gli eventuali, storici invasori. Ma non meno importanti erano le motivazioni economiche legate all’agricoltura, nel senso di poter utilmente impiegare i terreni fertili e ben esposti ai raggi del Sole e poter liberare quelli a monte per il pascolo e l’allevamento.

Per di più, sulle alture erano maggiormente disponibili i materiali da costruzione e più vicine le sorgenti di acqua, oltre che poter meglio difendersi da eventuali inondazioni.

Nelle confinanti aree di fondovalle, fino a non molti decenni addietro, invece, risultavano largamente associate pericolose e contagiose malattie come la malaria. Da cui, si evinceva con evidenza che, la posizione altimetrica del luogo, di vita e di lavoro di ciascuno, era strettamente indicativa del ceto sociale di appartenenza; dall’alto verso il basso, dal feudatario o chi per esso, a scendere, sempre più, verso i più modesti livelli sociali. In fondo a tutti, i pescatori, non a caso, il mestiere degli apostoli.    

Altra fondamentale risorsa, in questi luoghi, era la presenza del bosco, l’elemento che, per le zone appenniniche, ha nella storia rappresentato una delle risorse più strategiche a sostegno dei suoi abitanti, sia quale materiale da costruzione, che in quanto insostituibile fonte di energia.  

 

E poi, l’acqua, non solo perché elemento insostituibile per la vita della natura, Uomo compreso, ma anche e soprattutto quale supporto a servizio delle sue più svariate funzioni lavorative necessarie alla sua sopravvivenza ovvero quale  fonte di energia per agevolarlo nel velocizzare i suoi lavori agricoli e artigianali. 

La forza idraulica, infatti, è stata per secoli utilizzata per azionare i tanti opifici sparsi sui territori, quali i mulini, i pastifici e i frantoi oleari, le cui tracce sono ancora ben presenti nelle nostre campagne o anche in prossimità di qualche nostro centro abitato.   

Erano queste situazioni, ambientali ed economiche, che hanno consentito per secoli che i prodotti provenienti dall’agricoltura, direttamente o meno, e gran parte quelli derivanti da alcune attività artigianali, andavano a rifornire i grossi centri urbani.

A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, tutto cambia radicalmente. Il nostro Paese, in pochi anni, passa dall’essere una comunità dedita in prevalenza all’agricoltura, ad una economia industriale di sempre più grande importanza, tanto da permettere che venga attribuito al nostro Paese la ben nota definizione del realizzato “miracolo economico”.   

La ricostruzione e lo sviluppo industriale post bellico attivarono una fortissima richiesta di energia e dunque, oltre allo sfruttamento dei giacimenti d’idrocarburi della Valle Padana, rivelatisi presto del tutto insufficienti, Enrico Mattei, con la fondazione dell’ENI, fu costretto ad andare a reperire il petrolio grezzo nel vicino oriente.

L’attracco nei nostri porti delle numerose petroliere e soprattutto la presenza in essi di raffinerie petrolifere, permetteva non solo una rilevante disponibilità di prodotti finiti (benzina, gasolio, kerosene), per le esigenze nazionali, ma anche per quelle destinate al consumo di non pochi altri Paesi europei.

La conseguente, inevitabile, grossa disponibilità di olio combustibile, favorì, in tutto il territorio italiano, più che nel resto d’Europa, la costruzione e la messa in opera di un gran numero di centrali termoelettriche.  

Fu tale situazione che determinò le basi per il netto capovolgimento del flusso energetico, quello che fino ad allora aveva caratterizzata la struttura economica italiana. Nel senso che, se la risorsa idroelettrica era di provenienza montana, alpina e appenninica, cioè dall’interno verso i centri urbani e industriali, quella termoelettrica seguiva in tutto e per tutto il percorso inverso.

Conseguentemente, ad essere favorite, nel nuovo processo di sviluppo economico, sia agricolo che industriale, divennero le aree di pianura, per la maggiore dimensione degli insediamenti, perché più facilmente raggiungibili e per essere, sia più vicine ai fornitori di energia, che ai maggiori centri di consumo.

È, però, in corso e in via di sviluppo ormai un nuovo, inevitabile, radicale cambiamento nel reperimento e nell’uso delle energie. E quelle più conformi e che meglio si adattano alle storiche, consolidate esigenze delle aree appenniniche, sono senza dubbio alcuno le rinnovabili a km 0.

Sono, infatti, prodotte localmente e in modo diffuso sul territorio, sono a basso costo e a impatto ambientale ridotto e dunque capaci di stimolare lo sviluppo, sia nel settore della produzione che in quello della trasformazione di beni e la fornitura dei servizi.

Tutto ciò rende possibile pensare, ad esempio, all’agricoltura di precisione, come alle più moderne tecniche associate alla trasformazione alimentare dei prodotti agricoli locali. Come pure, è possibile mettere in campo la realizzazione delle produzioni artigianali di alta qualità, a cominciare da quelle più in sintonia con la tradizione locale. 

E, in ultimo, ma non ultimo, si può pensare alla pratica dell’accoglienza, sia di puro svago, come l’ecoturismo, ma anche a quanto legato alla conoscenza culturale e scientifica delle risorse locali

Angelo Sanzò

Presidente Comitato Scientifico Legambiente Molise

Dirigente SIGEA (Società Italiana di Geologia Ambientale)


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